TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (autunno tra ritorni di Covid ed influenze stagionali)
Teatro Vittoria
Di Chiara Bonome
Con Stefano Messina, Carlo Lizzani, Stefano Dilauro, Marco Simeoli.
Il teatro non finirà mai di sorprendermi: si possono fare incontri piacevoli con persone che altrimenti probabilmente non avresti mai conosciuto. Persone con le quali hai in comune la stessa passione, quella per il palco. Questa sera ho fatto così una piacevole conoscenza di sei signore, sei nonne che liberatesi dagli impegni casalinghi e dalla responsabilità dei propri nipoti, si sono riappropriate dei loro spazi per venire a vedere lo spettacolo. Prima che si spegnessero le luci abbiamo scambiato opinioni sulla vita, il lavoro, i nipoti, ma soprattutto sugli spettacoli visti, consigliandoci reciprocamente cosa andare a vedere al teatro prossimamente. Una piacevole conversazione.
“Non ti scordar di me” è scritto da Chiara Bonome, artista che avevo avuto il piacere di conoscere e di vedere in “L’opera del fantasma”, che portava la sua firma (insieme a quella Mattia Marcucci) e la vedeva tra i personaggi in scena. Stasera Chiara ci propone una storia in cui sono presenti solo figure maschili: tre uomini attempati e coetanei, ed un altro più giovane.
Quattro attori che avranno modo, con questa deliziosa sceneggiatura e attraverso i loro strampalati personaggi, di dimostrare la loro bravura. Sinceramente non mi aspettavo una scrittura di questo genere. Mi spiego: Chiara è piuttosto giovane, e nonostante ciò partorisce una commedia dal sapore alquanto retrò, in cui i personaggi si esprimono con un lessico e hanno degli atteggiamenti che ricordano quelli dei film o del teatro dei tempi passati. Eppure la Bonome è riuscita a recuperare quello stesso gusto e le stesse atmosfere così distanti da lei per farci sorridere, divertire ma anche riflettere. Ci propone così uno spettacolo in cui ho ravvisato reminiscenze di quella vecchia commedia all’italiana, con quelle battute e gag che mi hanno riportato immediatamente alla mente personaggi come Totò e Peppino e i loro memorabili battibecchi.
Il cast è stato scelto ad hoc. Gli attori si sono rivelati più che adatti, anzi, perfetti per le parti che hanno interpretato. A fine spettacolo ho incontrato di nuovo l’autrice, che mi è apparsa piuttosto sorridente e soddisfatta, visibilmente contenta dell’esito della serata e del positivo responso dimostrato dal pubblico.
La storia
Ettore (Stefano Messina) è uno psichiatra affermato che si sveglia una mattina nel suo studio dopo aver perso inspiegabilmente la memoria. I suoi pazienti, che si recano da lui per il periodico appuntamento, lo trovano in questo stato. Ancora afflitti dai loro disturbi, temono di rimanere senza una guida, e cercano quindi di aiutarlo (a loro modo) a recuperare la memoria. Adriano (Carlo Lizzani) ha un disturbo d’identità, appare in scena sempre con un nuovo travestimento, convinto di essere ogni volta un personaggio diverso. Istrionico, diverte con le sue gag ed espressioni che mi hanno riportato alla mente quelle briose performance del mai tramontato avanspettacolo.
Carlo è proprio un personaggio di altri tempi! Le scene sono un vero e proprio tuffo indietro nel tempo, alla ricerca di quella comicità che ancora oggi riesce a divertire e a cui Chiara si è ispirata, aggiungendo un suo personale pizzico di modernità. Orlando (Stefano Dilauro) è il più giovane del gruppo di folli; lui è rupofobico e anche un po’ ipocondriaco. Si esprime con un forte accento pugliese, manifestando tutto il suo terrore per lo sporco. Sono sicuro che oltre a divertire il pubblico, ha fatto un ottimo lavoro di pulizia sulla scena, che non avrà bisogno di altre cure, tanto l’ha spolverata e riempita di spray antipolvere! Completamente immerso nel suo divertente personaggio, Stefano gli dona un tocco di dolcezza e di tenerezza commoventi. Vittorio invece (Marco Simeoli) è afflitto da un forte stress emotivo, logorroico all’inverosimile. Marco trasforma il suo folle in una prolifica macina di impetuose e sagaci battute, attingendo da quella sua grande esperienza maturata sul palco e caratterizzando con la sua inconfondibile cadenza partenopea l’irresistibile personaggio.
Pian piano i pazienti, attraverso delle scenette deliziose, simpatiche e paradossali ricche di malintesi, parole storpiate, enunciazione di frasi storiche, equivoci e giochi di parole, mettono a frutto l’esperienza maturata nelle sedute con il loro psichiatra, riuscendo a mettere il medico sulla buona strada per il recupero della memoria.
Non può mancare una morale di fondo che l’autrice, con la sua delicatezza tutta femminile, inserisce tra una battuta e l’altra. Chiara affronta con sensibilità il tema delle fragilità dell’animo umano e della precaria stabilità psicologica, con grande tatto e discrezione. Si ride infatti delle manie di questi poveri diavoli, ma mai di loro; con molta umanità Chiara riscatta questi pazienti, inducendoli a trovare in loro quella forza necessaria per affrontare i loro disagi e la fase dell’abbandono medico-paziente, per poi paradossalmente fornirgli la chiave per aiutare il loro dottore.
Insomma, Chiara infrange gli schemi classici, li ribalta in maniera che saranno i “pazzi” a curare il “normale”! Lo psichiatra, invece, in questa situazione assurda diverrà molto critico verso se stesso ed il suo operato, arrivando a mettere in discussione i suoi metodi terapeutici e l’ approccio verso i pazienti, riconoscendosi egoista ed alessitimico. Complice questa stravagante situazione in cui i nostri pazienti impareranno a coalizzarsi e dar vita ad una singolare sinergia, dalla quale trarranno forza per poi affrontare, ognuno nella propria individualità, la propria problematica. Un fantasma pirandelliano si aggira nelle atmosfere, portandoci a riflettere sia sulla vera essenza dei personaggi che sui fatti.
Il finale nasconde un piccolo colpo di scena davvero inaspettato, ma lo scoprirete andando a vedere lo spettacolo.
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