Cometa Off
Di e con Antonio Grosso e Antonello Pascale
Scene e costumi Maria Della Vecchia
Light Designer Giacomo Aziz
Tecnico luci Gaspare Di Stefano
Lo spettacolo, scritto e diretto da Antonio Grosso, narra la vita giovanile di Totò, uno dei più grandi attori della comicità italiana, capace di esportare il gusto e l’ilarità partenopea oltre i nostri confini.
Antonio sceglie un’atmosfera onirica, surreale, apparentemente tetra, forse più riflessiva ed introspettiva per raccontare le vicissitudini di Antonio De Curtis prima di arrivare al successo.
Definito “Il principe della risata”, Totò ha lavorato con i più grandi del cinema italiano: Aldo Fabrizi, Peppino e Titina De Filippo, Alberto Sordi, Anna Magnani… ma anche con registi del calibro di Comencini, De Filippo, Risi, Pasolini… dimostrando di non essere solo un attore comico ma anche drammatico.
In scena Antonio Grosso veste i suoi panni e si fa accompagnare da Antonello Pascale, con il quale spesso ha collaborato sul palco in indimenticabili e riuscite proposte.
Antonello, invece, interpreta amici, genitori, parenti, gente comune, amori, commilitoni della leva militare, pubblico, impresario che Totò ha incontrato o con cui ha lavorato…
Lo vedremo muovere i suoi primi passi da giovanissimo nel rione Sanità, dove è nato e cresciuto. Poi lo ritroveremo in cerca della sua strada in tutta Italia, dapprima durante il servizio militare e poi nel periodo in cui era occupato in lavori di ogni genere. Infine lo guardiamo cercare fortuna nello spettacolo.
Uno spettacolo intriso di amore e trasudante rispetto per questo artista, ma focalizzato soprattutto sull’uomo per omaggiarne l’estro e il lavoro in sessanta film e in incalcolabili apparizioni a teatro.
Un uomo sensibile, talentuoso, appassionato, tenace, ricco di sogni e aspirazioni. Antonio scava nel suo passato e ci fa conoscere una parte della sua vita che molti, me compreso, ignoravano.
Da giovane non seguivo molto Totò, forse perché l’ho conosciuto troppo tardi, o forse semplicemente perché appartengo a quella schiera di persone che, come la pièce racconta, all’epoca degli esordi non hanno saputo capirlo ed apprezzarlo, vedere Totò sotto questa luce mi ha fatto riflettere e permesso di coglierne le sfumature del lato più introspettivo ed umano con le sue debolezze, fragilità, speranze e anche punti di forza che non conoscevo.
Il bello del teatro è anche questo: è una dimensione che aiuta a capire meglio il mondo dello spettacolo, la sua storia e chi ha contribuito a crearla. Permette poi di riconoscere ed apprezzare la preparazione e l’impegno di chi si esibisce, lo studio e la professionalità profusi nei minimi dettagli.
I due attori riescono subito a sfondare la quarta parete, ad entrare direttamente in contatto intimo con il pubblico, a far toccare con mano le emozioni suscitate dal racconto.
Di Totò e del suo aspetto, in Antonio Grosso, troviamo solo dei richiami, degli accenni; non c’è un tentativo di imitazione, e solo in qualche passaggio troviamo qualche movenza o gag viste nei film. Antonio sembra aver ingoiato Totò e in qualche maniera averlo rigenerato con affetto e riproposto in una maniera molto originale e personale, senza però alterarne la sostanza.
Antonello, invece, con molta attenzione e un grande dinamismo passa da un personaggio all’altro e senza neanche cambiare abito, si immedesima in nuove figure con attente e studiate movenze ed espressioni.
Forse è proprio questo che vogliono rappresentare tutti quei vestiti sparsi e appesi nella scenografia che emergono timidamente dall’ombra. vogliono evocare gli involucri tessili di quei personaggi così mirabilmente portati in scena nudi e veri.
Nella scenografia, tra i vestiti si scorgono due altalene, che probabilmente rappresentano gli alti e i bassi della vita raccontata. Un gioco di luci mozzafiato riesce a sottolineare e a rendere via via più intensa ogni emozione, complice il disegno di luci di Giacomo Aziz in parte rielaborato da Gaspare Di Stefano. Lui, bravo attore ma anche sopraffino tecnico delle luci, crea una vera e propria coreografia di luci che accompagna il racconto. Come un cecchino, mira e colpisce ogni piccola sfumatura esaltandola con attenzione.
Il resto e in mano agli attori, che oltre ad essere travolgenti, hanno un’energia a cui si sta dietro a fatica. Discorsi velocissimi si alternano a monologhi fulminei che sembrano degli scioglilingua in dialetto napoletano. Tutto è impeccabile e presentato con una foga che tradisce la passione irrefrenabile per il loro lavoro che raramente ho visto così nitida.
Belli gli intrecci vocali, sia nella recitazione che in alcuni passaggi musicali a cappella accompagnati solo da un tamburello.
Antonio e Antonello a fine serata ricevono i complimenti di Anna Malvica, apprezzata attrice e veterana dei palchi di tutta Italia, che afferma di non aver mai visto in cinquantasette anni di carriera uno spettacolo con una carica, un’intensità e una bravura del genere…
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