TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (attraversando la quarta ondata)
Teatro de’ Servi
“Questa strana voglia di vivere”
di e con Veronica Liberale, Guido Goitre, Alessandro Moser, Camilla Bianchini, diretto (e con) Fabrizio Catarci.
Siamo negli anni ’60. I fratelli Cristina e Salvatore lasciano la loro casa in un piccolo paese siciliano per recarsi in Svizzera e ricongiungersi con Giuseppe, un altro fratello emigrato da tempo. La speranza è quella di trovare un lavoro ed una migliore situazione di vita.
Sul treno i due incontreranno uno scrittore ed un’aspirante attrice. Filo conduttore sarà il capotreno, una sorta di voce fuoricampo in carne ed ossa, onnipresente, che racconta le storie di queste persone mentre le trasporta con il loro bagaglio carico di speranze e sogni verso un destino, si spera, migliore. Il “treno della speranza” è un simbolo dai forti connotati umani, e serve a ricongiungere le persone ai loro affetti. Rappresenta una sottile linea immaginaria che unisce un’Italia eterogenea ottimamente rappresentata dai personaggi creati da Veronica che, grazie alla sua magica penna, si tramuta in una Parca, in una Moira, giocando e intrecciando i loro destini in questo viaggio verso un destino misterioso. Un viaggio peraltro introspettivo, volto a scoprire gli animi e i sentimenti dei viaggiatori, che svelano prima il loro lato esteriore, duro o sulla difensiva, poi le loro paure e i dubbi, infine ci regalano il loro lato migliore e più umano. Tutto a ridosso della storia che raccontano e vivono, uno spaccato delle difficoltà di molti italiani in quegli anni, nella difficile ricerca di una stabilità economica. Dunque un racconto sull’emigrazione che ha interessato la nostra cara penisola negli anni ’60. Veronica ci regala una perla, un gioiello teatrale in grado di farci vivere in maniera realistica questa tragedia attraverso i suoi personaggi, usando la sua dolcezza in maniera commovente, ma sempre strappando un sorriso e facendo fare capolino ad una speranza nascosta dietro l’angolo. Fa vivere i suoi personaggi che irrompono dalla quarta parete nella stessa platea, facendoli scendere in alcune occasioni dal palco per farceli sentire e vivere.
Il ferroviere romanaccio (Fabrizio Catarci), una sorta di romantico traghettatore di queste anime semplici e al contempo una guida narrante, che accompagna verso il destino ignoto queste persone, raccontandole. È lui che spezza armoniosamente le varie scene, con delicatezza e un umorismo tutti capitolini. È l’unico personaggio non “accoppiato”, ma che si amalgama bene con gli altri. Una figura a tratti nostalgica, l’unica che pare conoscere il suo destino, quello di trasportatore di anime e di venditore di sogni. Di fondo una persona sola che però è insostituibile collante. Salvatore (Guido Goitre) è perfetto nel suo ruolo, racchiude e rappresenta il siciliano perfetto: rigido e spigoloso, geloso della sorella ma al contempo timido, introverso, sensibile e sognatore, che svela man mano la sua bellissima dicotomia caratteriale. Il suo accento siculo, gli atteggiamenti, ma soprattutto lo sguardo sognante e le sue pause di riflessione sono eccezionali e donano al personaggio una bellissima profondità. Gabriele o Mattia Pascal, (anche qui la scelta dello pseudonimo pirandelliano è azzeccatissimo), come si presenta lo scrittore (Alessandro Moser), crea quello scontro ed incontro di culture, la sua e quella dei due fratelli siciliani. La preparazione intellettuale dello scrittore, con il suo parlare in un corretto italiano mette in crisi i due isolani teneramente ignoranti. Le due culture stridono amabilmente tra loro e si fondono insieme in un dolce connubio di contrari. Ma lo scrittore poi non è così lontano da loro, mai altezzoso, scende volentieri a compromessi con i fratelli; abbandonando il suo status di persona colta, si relaziona volentieri con loro e soprattutto con la bella sorella di cui si infatua e dalla quale è ricambiato. L’attrice imberbe è una ragazza romana di nome Carla (Camilla Bianchini), dal pesante accento romanesco, bello e mai volgare che strizza abilmente l’occhio alla parlata trasteverina di quel periodo. Lei è piena di sogni e speranze di successo. Camilla ben veste i panni di questa ragazza ammaliata da un possibile successo, che però è ancora troppo giovane per capire la vita e per non cadere preda dei suoi crudeli compromessi. La ragazza farà breccia nel cuore di Salvatore, mentre lei troverà in lui quella dolcezza che evidentemente ancora non ha incontrato nel suo mondo di illusioni. Cristina (Veronica Liberale), anche lei come Guido, sembra si sia materializzata dal passato. Insieme sono fantastici, realistici, veraci. Veronica sulla scena indossa uno scialle che le ha lasciato la nonna siciliana e con quello sembra entrare in sublime contatto con lei e con i suoi gesti, riuscendo a trasformarsi in una vera donna del sud della seconda metà del Novecento, davvero credibile.
Complice della riuscita dello spettacolo è l’ottima sceneggiatura, che ha ben bilanciato ogni personaggio senza appesantirlo, donandogli una propria e definita connotazione; lo spazio giusto nella storia senza prevaricare quello degli altri e riuscendo a renderlo più vero del vero. Anche i costumi di Caterina Lambiase sono un tocco di classe; sono perfetti così, come l’uso delle musiche (scelte da Pietro De Silva), tratte dal repertorio di quegli anni. Ottimo anche l’uso delle luci, suggestivo ed evocativo (di Cristiano Milasi) insieme ai suoni più che realistici sempre in sottofondo (il mare, lo scorrere del treno sulle rotaie, le voci dei passanti…). Tutte queste cose colpiscono lo spettatore e danno un tocco realistico alla storia. Non tralasciamo la bella scenografia di Luciano Nestola, dalle semplici ma efficaci trasformazioni.
Bello, romantico e emozionante il gioco di luci durante il corteggiamento tra Salvatore e Carla e tra Gabriele e Cristina. Ad intermittenza i nostri vengono illuminati e così portano avanti la loro conoscenza reciproca in un crescendo impreziosito dal gioco di luci. In questo modo entrambe le coppie possono rimanere sul palco, mentre la loro storia prosegue solo quando sono illuminati. Noi in sala siamo i silenziosi, fortunati testimoni di questo amore che sboccia. Il sovrapporsi del corteggiamento è un tocco di classe, proposto con una fine sensibilità. Bello lo spot dell’idrolitina (la polverina era in voga già in quegli anni), trampolino di lancio per l’aspirante attrice, che Camilla ripropone in un “playback” perfetto sull’audio originale.
Veronica stasera ha superato se stessa sia come sceneggiatrice che come attrice. Sul suo treno ha voluto con sé dei compagni di viaggio che hanno saputo capire ed interpretare con maestria la sua idea. Un direttore d’ orchestra che ha scelto i migliori musicisti per questo concerto di sentimenti e sensazioni. Mi sono emozionato, non per una scena in particolare, bensì per tutto l’intero spettacolo; grazie a quell’atmosfera magica che questi artisti hanno saputo ricreare.
Un’ altra bella proposta del Teatro De’ Servi
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