TEATROVID-19 il teatro ai tempi del Corona ( quarta ondata, terza dose)
di Anton Cechov
Con Duccio Camerini, Silvia Maria Vitale, Elena Baroglio, Matteo Micheli e Pietro De Silva.
Duccio Camerini segue il testo e le indicazioni dell’autore, che è scomparso prima di lavorare sulla teatralizzazione di questo racconto inedito dal titolo “Racconto di uno conosciuto”.
Si tratta di una riflessione pungente sul potere e sulle vite dei potenti russi, che si credono al di sopra di tutto, ma che in realtà sono condizionati e schiavi del potere stesso. Ma si parla anche di chi si oppone ad esso, seppur maldestramente, e di chi invece finge di farne parte o di non accorgersi di questo gioco perverso, soccombendo. Un gioco amaro in cui l’essenza della vita è in bilico, se non già precipitata in un baratro di apparenze e sterilità emotiva; un’ esistenza fuorviata ed inquinata dal potere, sia esso politico che sociale e che coinvolge anche quello del sesso. Il tutto si svolge in un ambiente caustico e confuso abitato dai sentimenti freddi ed ignobili dei potenti, affiancati da timidi e sofferti personaggi con ancora forse qualcosa da dire, fino ad arrivare ad un epilogo che porta l’inconfondibile firma di Checov.
Il giovane Stjepan è un rivoluzionario che si fa assumere come cameriere per poter spiare tramite Orlov, suo padre, che è un importante uomo di governo, nemico della rivoluzione. Ma la vita, si sa, è strana e Checov, come un demiurgo burattinaio, ne approfitta per coinvolgere il povero giovane che verrà invischiato e fagocitato dalle vicende private della casa in cui serve, perdendo di vista il suo scopo, ormai drogato e frastornato dall’ambiente che lo circonda.
Checov non è propriamente un autore per tutti; complesso, seppur ironico, risulta a molti piuttosto ostico. Personalmente devo ringraziare Giancarlo Moretti, un regista e sceneggiatore romano, che con le sue proposte e le sue versioni di vari testi di questo autore mi ha insegnato ad avvicinarmi ed ad apprezzare questo tipo di teatro.
Stasera poi nel cast c’è anche Pietro De Silva, attore che stimo sia come persona che come artista e che mi ha dato modo, con il suo invito, di apprezzare sia questo spettacolo che i suoi fantastici colleghi.
Duccio ha rispettato il pensiero dell’autore, personalizzandone la proposta, rendendola piacevole e scorrevole nonostante il dramma.
La scenografia, scura e fumosa, ci proietta subito negli ambienti tipici tanto cari a Cechov; la scena rimane pressoché sprofondata in un buio opprimente. Una penombra costante impera in primo piano. Il buio è rotto con delle fioche luci laterali che danno un aspetto tetro ai personaggi. Forse si tratta di una scelta per voler meglio rappresentare ed evidenziare il lato oscuro e abbietto dei soggetti sulla scena. Tutti, infatti, sono schiavi del potere che abbracciano, lo palesano con alterigia, manifestando indifferenza e al contempo una pochezza interiore. Gli incontri tra i personaggi sono sterili, e monotoni i loro argomenti o le loro distrazioni, che vertono sul potere personale, sul gioco d’azzardo, mentre manifestano un profondo fanatismo e disprezzo nei riguardi dell’umanità, sminuendo il ruolo della donna che, incastrata in questo ingranaggio, conferma con i suoi atteggiamenti la sua posizione. A conferma di ciò e la stessa Polja, (la bravissima e conturbante Silvia Maria) che nella sua posizione di semplice governante, cerca di abusare della sua posizione per vessare il povero servitore, che altri non è che un anarchico sovversivo in cerca di carpire dal figlio i segreti del padre per poterlo colpire con i suoi compagni. In realtà è un timido, impacciato e maldestro disgraziato, ma almeno lui nasconde un animo sensibile. L’unico onesto e con dei valori che però perderà per strada a causa della sua inettitudine. Il tema ricorrente è quello classico di Checov: non c’è una grande stima dell’essere umano, anzi un certo disprezzo, rimarcato anche in questo dramma.
Duccio, come due facce di una stessa medaglia, sceglie di interpretare due personaggi all’opposto: l’impacciato servitore e il mediocre e viscido figlio del funzionario. Con una grande interpretazione si muove tra i due con disinvoltura e, grazie alla sua bravura, tira fuori il meglio ed il peggio di loro. Riesce a farci odiare Orlov e a farci intenerire con Stjepan con una recitazione davvero sopra le righe. Alla fine dello spettacolo mi aspettavo che sarebbero arrivati, per i saluti, due distinti attori, tanto Duccio è riuscito nella sua fantastica dicotomia artistica.
Altri due insulsi e fastidiosi personaggi sono Pekar’skij e Kukiskin, Pietro e Matteo. Il primo al pari di Orlov, eccentrico ed egoista privo di scrupoli e vuoto, il secondo un arrampicatore sociale ruffiano e codardo. Pietro, con quella sua spiccata attitudine nel presentarsi simpaticamente antipatico, è ben riconoscibile nel suo modo di interpretare davvero realistico; non di meno Matteo, che oltre ad essere credibile nella sua parte, colpisce per il suo aspetto in tema con il personaggio che presenta. Loro completano questo circolo dei potenti entrando in scena tra schiamazzi, divertimenti e smodata superficialità, arricchendo quest’ accolita di inutili parassiti. Ben si muove la governante, una bravissima Silvia Maria che gioca sapientemente con il suo personaggio, manifestando con realismo la grazia, la sensualità, la civetteria, ma anche la sua brama di potere e il suo arrivismo, per poi scaricare le sue frustrazioni sui più deboli, insieme alla sua invidia. Riesce a rendersi piacente e provocante sfruttando la sua femminilità egocentrica per ottenere l’interesse di questo gruppo di debosciati. Ultima, ma non ultima, l’amante francofona di Orlov, Zinaida, una sensuale a tratti infantile, infatuata, sognante e piagnucolosa donna. Elena ben rende l’idea di questo personaggio in bilico. Vestendo efficacemente i suoi panni si trasforma in un inconsapevole vittima sacrificale che gioca la sua mano, perdendo tutto. Anche lei è schiava del potere che crede di avere in pugno, s’innamora di questo essere privo di sentimenti abbandonando il marito per ritrovarsi a vivere poi come un cane da compagnia scomodo e fastidioso, sia per Orlov che per la governante acida ed infastidita dalla bella presenza di quest’ antagonista.
Orlov sulla scena è spesso di spalle, come a voler rappresentare la distanza sociale con noi. Mostra la sua alterigia, ma anche il disprezzo verso il pubblico che rappresenta la gente comune, manifestando la sua indifferenza sprezzante verso tutto il genere umano. Il servitore invece, in antitesi a lui, si rivolge spesso e volentieri verso il pubblico, a volte come voce fuori campo per raccontarci la storia, i personaggi, o per rivelarci i suoi segreti, i suoi desideri, gli stati d’animo, palesando i suoi timori. Lui tratta con il pubblico come fosse suo pari, lo rispetta e lo coinvolge, forse in lui cerca una complicità, o di trovare un alleato e la forza che non ha per agire e reagire. Zinaida, invece, è crollata con il suo castello di carte e ha perso ogni ascendente sull’amante insieme alla speranza di vivere in quel ceto sociale, a cui è chiaro che non appartiene perché l’ha solo sfruttata, sedotta ed abbandonata. Dunque solo allora, come in uno sfogo, o forse nella speranza di avere giustizia e comprensione, si rivolgerà accorata al pubblico.
Per concludere
Duccio è eccezionale nel saltare da un personaggio all’altro. Seguito da Silvia Maria che per alcuni aspetti sembra la sua ombra, emulandone gli aspetti peggiori. Pietro è altezzoso, fastidioso, deprecabile, accompagnato da Matteo farsesco imitatore degli altri, privo di ogni capacità. Infine Elena, dapprincipio femme fatale, poi piagnucolante e debole, depressa con suoi improvvisi rigurgiti di ira da riversare sul suo capro espiatorio, il povero Stjepan che in fondo la ama. Tanto innamorato di lei da dimenticare quale siano il suo ruolo e il suo scopo nella vicenda.
Un ottimo spettacolo ben recitato, con costumi raffinati ed azzeccati; bella l’idea dell’uso delle luci che irrompono in quel buio onnipresente, spiragli di luce che sembrano lampi di speranza che vorrebbero rompere quella falsità imperante. Forse da migliorarne l’uso per dare ancora di più risalto alla vicenda. Ho avuto la sensazione che a volte non riuscissero a centrare i personaggi, celandone così l’intensità espressiva. Interessante ed azzeccato il vocio e gli schiamazzi fuori scena accompagnati dalle musiche, che riempiono il vuoto dei cambi scena.
Un’ottima rappresentazione ed interpretazione di questo dramma fedele allo stile dell’autore.
Con grande piacere ho poi incontrato gli attori alla fine dello spettacolo per scambiare qualche opinione. Tra il pubblico noti personaggi del panorama teatrale, tra cui Claudio Boccaccini, Silvia Brogi e Paolo Maria Congi, che in incontro sempre con piacere e con cui mi piace scambiare opinioni e sensazioni sugli spettacoli, vista la loro vasta esperienza sul campo ed il loro punto di vista tecnico artistico.
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