“Secondo Luca e Marco”

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Teatro Garbatella
di Rosa A. Menduni e Roberto De Giorgi

Con Fabrizio Apolloni (Marco, l’inquisitore), Massimiliano Vado (Luca, il parroco), Karin Proia (Ilde, la perpetua)
Musiche di Fabrizio Apolloni
Regia di Rosa A. Menduni e Roberto De Giorgi

Luca è un parroco di un piccolo e sperduto paesino dove con impegno svolge il suo lavoro di pastore delle poche anime del posto.

Dopo venticinque anni dall’ultimo incontro viene a trovarlo Marco, pelato con cui aveva studiato in seminario e che oggi ha un’invidiabile carriera sulle spalle e un ruolo di responsabilità nella Chiesa. È divenuto una sorta di inquisitore, e nonostante le apparenze è lì per uno scopo ben preciso.

Luca infatti è al centro di un’indagine ecclesiastica molto riservata, atta a svelare eventuali comportamenti scorretti che peserebbero sul suo operato. Malelingue o accuse reali?

Marco, nonostante l’amicizia di vecchia data, deve comunque condurre l’indagine. Luca sospetta che la presenza del vecchio amico nasconda qualcosa e si mette subito sulla difensiva. Non sarà dunque facile per l’inquisitore approfondire i fatti. Tra i due si crea subito uno stato di tensione che la coppia di attori evidenzia con cura, passando brillantemente ad un cambio repentino di atmosfere: dal gioioso incontro alla circospezione, al sospetto e poi all’inevitabile scambio di accuse.

I due attori evidenziano efficacemente lo scontro tra due personaggi completamente differenti nel carattere, attraverso altalenanti confronti: Luca appare inizialmente misterioso e riservato, a tratti introverso, con l’atteggiamento tipico del semplice e onesto prete di campagna, umano e disponibile; ma dà anche l’impressione di non volersi sbilanciare rispondendo alle domande di Marco, che invece risulta una persona brillante, sagace, perspicace ma anche distaccata ed insidiosa, pronta a tutto per assolvere il suo compito, anche a stravolgere la vita del vecchio amico.

Nella vicenda è presente anche una donna, Ilde, la perpetua del parroco, palesemente molto affezionata a lui. Anche lei è poco propensa a collaborare con l’incalzante indagatore, che non può non rimanesse insospettito dalla sua spiccata affezione per il sacerdote.

Lo spettatore capisce che i due sono piuttosto sfuggevoli e che sicuramente dietro al loro comportamento si può celare qualcosa. Ma cosa?

La vicenda è un continuo alternarsi di confronti, alcuni sfiorano il dramma, altri sono più leggeri e addirittura divertenti. I confronti mettono a nudo la grande differenza tra i due uomini di chiesa e il particolare e spiazzante atteggiamento di Ilde. Inizialmente la storia sembra più intricata di quello che in realtà è, ma riserva dei risvolti interessanti, non tutti così evidenti. Man mano che va avanti, le cose si fanno più chiare e lo spettatore arriva a intuire alcuni retroscena, anche perché ognuno dei tre protagonisti tiene stretto un suo personale segreto. Così, quello che sembra iniziare come un misterioso giallo intricato, alla fine rivela una trama semplice, prediligendo esaltare i risvolti umani.

Luca si dimostrerà fortemente riservato, anche a scapito della sua posizione per preservare e tutelare le confidenze dei suoi parrocchiani. Marco, che sembra una persona tutta di un pezzo, rivelerà inaspettatamente sotto la sua corazza una fragilità molto più umana.

Fabrizio Apolloni uscirà dal suo ambiguo personaggio con un monologo inaspettato che si rivelerà divertentissimo, una vera perla comica che strappa applausi e risate e che fa risaltare le capacità del bravo attore, rompendo quel velo d’antipatia che circonda il suo personaggio e restituendolo sotto un’altra luce.

Karin Proia interpreta una donna al limite della bipolarità: a tratti ci appare travolgente, spigliata se non addirittura invadente ed irriverente, in altri rivela un suo profondo aspetto drammatico e sofferto. Un bel altalenare di emozioni che colpiscono e che raggiungono l’apice in un sofferto quanto liberatorio monologo. Così, anche Karin ci regala un bell’assolo travolgente e toccante.

Massimiliano Vado è la manifestazione perfetta dell’immagine del prete sano, vero e umano. Peccato che il testo non abbia voluto dargli lo spazio per un monologo come hanno avuto gli altri. Ma in fondo, per tutta la storia, già rivela il suo vero aspetto quanto basta.

Il testo è scorrevole e piacevole. Sembra nascondere più di quello che in realtà rivela, lasciando forse un po’ spiazzati. Riesce però a mantenersi realistico senza rischiare di precipitare in un assurdo ed esagerato dramma. Rimane con i piedi per terra e per questo riesce ad evidenziare efficacemente le due profonde e diverse realtà ecclesiastiche del parroco più vicino ai suoi fedeli e del prelato burocratico e dogmatico. Un aspetto interessante.

L’ ottimo cast rende viva e dinamica tutta la storia, che si svolge nell’ambiente piuttosto disordinato della casa del parroco, in cui i tre si muovono entrando ed uscendo di scena al momento giusto per cogliere confidenze e rivelazioni degli altri e sfruttando tutto lo spazio a loro disposizione sul palco.

Il finale della storia riserva ovviamente una sorpresa; in realtà tutti e tre i personaggi riveleranno qualcosa di sé per chiudere con un finale dolce e delicato.

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