TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (alla fine il Covid me lo sono beccato anche io…)
Teatro de’ Servi
di Francesca Nunzi, regia di Claudio Insegno, con Francesca Nunzi, Marco Simeoli e Daniele Derogatis.
Attingendo alle opere di Shakespeare, Francesca con il suo inconfondibile approccio ironico e comico scrive questo spettacolo dove ha immaginato due attori in là con gli anni e abbastanza disperati, che devono mettere in scena le tragedie di questo autore per un festival a lui dedicato. Non avendo risorse finanziarie, non riescono a mettere insieme una vera compagnia teatrale, dunque si sobbarcano l’onere di fare tutto da soli, ovviamente con le difficoltà che si possono immaginare e che Francesca ha pensato per farci divertire.
Non so come lei riesca sempre a creare quell’atmosfera con il pubblico, che oserei definire familiare. Insieme a Marco coinvolgono il pubblico con battute e sguardi ma anche, quando questo non avviene, c’è sempre la sensazione di non essere in un teatro, bensì nel confortevole salotto di casa loro, coccolati e circondati dalle loro tenere attenzioni.
Francesca e Marco sul palco sono marito e moglie che cercano, con le loro dubbie capacità, di interpretare tutti i personaggi shakespeariani, ma ovviamente ne esce fuori qualcosa di “leggermente” diverso dalla proposta dell’autore, ma molto divertente.
Un esempio? Giulietta ormai anziana, che per evitare le scale si è trasferita al piano terra e Romeo (oggi completamente rimbambito) che da giovane per arrampicarsi aveva divelto il famoso e storico balconcino ora sparito, adesso sono alle prese nel rinfacciarsi i loro passati tradimenti. Amleto sembra piuttosto confuso, letargico. Otello è stato bloccato all’estero, scambiato per un extracomunitario, e sfoga dalla nave i suoi eccessi di gelosia nei confronti dell’amata, che intanto si dà da fare con altri uomini. La Bisbetica domata (ribattezzata diabetica domata), afflitta da questa patologia, si lascia andare ad eccessi emotivi, con crisi che massacrano il povero compagno e il disgraziato servo, adottando quella pesante prolissità che tanto ha reso famosa Sandra Mondaini.
Daniele che prima ci appare come ghost writer di Shakespeare e si attribuisce il merito di queste grandi commedie; ora supporta i nostri sia come narratore che come personaggio, è bravissimo, passa dalla recitazione seria a quella comica con grande professionalità ed eleganza. Nei panni di Falstaff, è divertentissimo il rapporto che costruisce con le allegre comari di Windsor, interpretate da Francesca e Marco. Accade in questa gag un piccolo imprevisto, che fa sbellicare dalle risate sia noi che loro, sul palco…
Adoro questa loro spontaneità!
Nel Riccardo III godiamo di un’ incredibile interpretazione drammatica di Marco che riesce ad abbinare una comicità estrema grazie ad una gag esilarante, improntata su una cacca di cane acciaccata e che coinvolge tutti in modo comico… Seguono Antonio e Cleopatra, lei in panni estremamente moderni. Interviene un fantastico Daniele in versione mummia che fa il verso a Lillo Posaman… da sentirsi male!
C’è spazio anche per un esilarante balletto e delle coinvolgenti prove canore!
Se i nostri protagonisti riusciranno o meno a partecipare, e magari anche a vincere questo festival, non ci è dato a sapere, ma sicuramente hanno vinto con noi, intrattenendoci e divertendoci con le loro pazze idee.
Le musiche scelte per il sottofondo o riarrangiate sono di Andrea Bianchi, davvero belle, direi ottime e d’impatto, una vera e propria colonna sonora. L’ambientazione di Nicola Derogatis è volutamente scarna, ma al contempo molto appariscente grazie anche alle luci di Federico Luciano che la fanno risaltare. Si gioca molto sul nero dei costumi di Marco Maria Della Vecchia, che vengono immersi in un esplosione di bianco tutta intorno a loro. Gli stessi attori indossano dei vestiti moderni neri, che riportano alla concezione drammatica del teatro dell’Ottocento, che vuole così abbigliati gli artisti nei ruoli drammatici. Forse il nero vuole in questo caso rappresentare quel declino dovuto all’età che sopravanza. Per contrastarlo come espediente, spesso tra un personaggio e l’altro coprono quel nero con costumi bianchi, quasi a volere dimostrare di poter reagire alla loro anzianità… Sembra un rigurgito della loro giovinezza.
Ma questa è solo una mia impressione, ovviamente. Vedere Marco e Francesca con i bastoni, claudicanti e un po’ rimbambiti, mi ha dato una certa stretta al cuore. Forse li amo troppo e l’idea di immaginarli in queste condizioni mi colpisce. L’ottima regia è di Claudio Insegno coadiuvato da Emanuele Di Luca
Tutto termina con un medley delle opere rimanenti dell’autore, sempre rivedute e corrette, ma alla velocità della luce. Tutti e tre sono coinvolti sottolineando (se ancora ce ne fosse bisogno) la loro bravura e simpatia, non so quanti dialetti Francesca abbia scomodato per lo spettacolo di stasera…
Tante le risate condivise con i nostri. Non siamo solo noi a ridere delle loro trovate, ma ridiamo insieme a loro, visibilmente contenti delle reazioni del pubblico. Questo è uno dei loro segreti ed uno dei loro tanti pregi.
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