TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (in vacanza con Omicron)
Giardini della Filarmonica
Con Serafino Iorli
Di Serafino Iorli e Federica Tuzi, regia di Luisa Merloni.
Vedo per la seconda volta questo spettacolo perché è bello, ricco di sensibilità, e perché apre una porta su una realtà che spesso ignoriamo o vogliamo ignorare da benpensanti quali siamo. Senza capire che il nostro rifiuto, il sorrisetto sotto i baffi o la battuta sarcastica nei confronti degli atteggiamenti di una coppia omosessuale feriscono chi li riceve e macchiano chi li compie.
Credo che la parola omofobia sia semplicemente un altro modo per identificare l’ignoranza, o peggio, l’insensibilità. Ha origine da una sottocultura, quella del “machismo”, del maschio alfa che, tronfio e goffamente rude nei suoi atteggiamenti, vede nelle battute o nei commenti denigratori il suo spruzzo di urina ferormonica che lo fa sentire uomo davanti a sé stesso e agli altri. Una sottocultura atavica a cui, purtroppo, pochi sono immuni. Non voglio scendere nelle disquisizioni se sia giusto o meno il matrimonio o la formazione della famiglia transgender, non sono in grado di prendere una posizione perché non sono scevro da preconcetti; anch’io sono ancora inquinato da quella cultura “machista” con cui ho convissuto e che ho dovuto accettare passivamente. Anch’io, in un momento di sfogo, ho appellato il mio interlocutore come “frocio” o ”recchione”. Questa sottocultura è subdola, vive con noi, dentro di noi. Gli amici, la famiglia, i compagni di scuola, di lavoro, dello sport… Dovunque può annidarsi e spesso serve per creare un collante con gli altri. Chi disprezza, chi giudica pensa di elevarsi su un piedistallo immaginario che gli conferisce potere assoluto su chi offende e su chi lo ascolta. Appartiene alla casta dei “normali”, a coloro che per sentirsi parte di una tribù e per affermarsi, apostrofano chi percepiscono come diverso. Nel gruppo non può esserci disomogeneità, sarebbe una debolezza.
Possiamo non condividere certe scelte, aborrirle nel nostro profondo, ma credo che vadano rispettate perché dietro c’è una persona che spesso vive i propri sentimenti incontrando, peraltro, difficoltà sociali e familiari.
Questo mi fa capire Serafino con il suo spettacolo; mi fa scoprire questo suo universo parallelo, mi accoglie in questo mondo per certi aspetti segreto e protetto, separato dal mio. Oggi non mi sorprendo più, non mi scandalizzo, non sorrido più davanti ad una coppia dello stesso sesso che si tiene per mano, perché capisco che dietro c’è lo stesso sentimento che provo io per la mia compagna. Il mio sorriso oggi è di compiacimento, di empatia verso la liberazione delle emozioni. Ho cominciato a trovarlo naturale e questo mi ha fa mettere in discussione il mio background culturale.
Quello di Serafino è un messaggio che parla di libertà in ogni sua accezione: libertà di pensiero, di espressione, libertà sessuale…
Bello spettacolo! La vita di Serafino vi scorre attraverso la storia raccontata con entusiasmo, tra una risata e una lacrima. Un viaggio nell’intimo di questo artista, nella comunità gay e nella storia di Roma.
Da vedere
Se volete, leggete le mie impressioni che ho riportato nell’articolo dello scorso inverno, e l’intervista al nostro artista.
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