TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (quarta ondata, terza dose)
Teatro Nino Manfredi
Con Alida Sacoor, Roberto Bagagli, Guido Goitre, Matteo Montaperto e Andrea Bizzarri
Siamo nel 1944. Un gruppo di ragazzi partigiani nascosti sulle montagne laziali, decide di far saltare in aria un treno carico di armi diretto a Roma per rifornire i tedeschi. Ma una donna trovata priva di sensi nel luogo del loro nascondiglio scompagina i piani. La storia prenderà una piega che permetterà allo spettatore di immergersi in un saliscendi di emozioni provocate dal turbinio di queste vite, inizialmente lasciando sempre lo spazio al sorriso.
I nostri non raccontano di personaggi reali; si tratta di una sorta di omaggio che dà voce a tutti quei protagonisti “secondari” che, se non hanno fatto la storia, hanno contribuito a farla scrivere. Persone di cui non conosciamo le vicende, rimasti muti, sconosciuti alla storia, quella con la “s” maiuscola. Gente comune, con esperienze e vite normali, inghiottita e travolta dal dramma della guerra che l’ha resa suo malgrado protagonista. Lo spettacolo, dunque, restituisce a queste persone il loro tributo e ne sottolinea con delicatezza tutta l’umanità.
Guido al suo invito mi aveva raccomandato: “Portati i fazzoletti…” Beh, sicuramente nel finale sono serviti…
Cominciamo col dire però che ci troviamo davanti ad una commedia in cui si ride nonostante il contesto storico della Resistenza. La scrittura di Andrea riesce a parlare di un momento buio della nostra storia con dolcezza e simpatia. Non che non manchino i momenti drammatici: si parla di via Tasso, di incursioni aeree; ci si accapiglia tra partigiani, tra quelli dell’ultima ora e quelli che si sono opposti subito al regime; si ricordano i dissapori verso i soldati del Regio Esercito, considerati comunque servi del regime.
Sicuramente dietro la scrittura c’è un attento studio del periodo storico, e alcuni passaggi mi hanno ricordato le pagine del diario di Rosario Bentivegna, uno dei partigiani partecipanti all’attentato di via Rasella, che nel suo libro racconta la vita di un partigiano, e che Andrea ha saputo ben rappresentare senza appesantire la storia. In fondo risalta il sentimento dell’amicizia, più che l’idea politica, e questo rende vincente la storia che rimane lontana da qualsiasi presa di posizione o allusione ad un ideale.
Andrea è nei panni di Peppe, Roberto di Massimo. I due sono fratelli. Ci sono poi Guido, detto Gnappo, e Matteo, detto Sallucchione, il soldato dell’Esercito Regio disertore unitosi ai partigiani; poi c’è Alida nei panni di Lupa, anche lei della Resistenza. Realistico anche l’uso dei soprannomi, che i partigiani usavano per non svelare il loro vero nome e non essere rintracciabili in caso di cattura e tortura di un membro del gruppo.
La storia si svolge durante l’attesa del passaggio del fatidico treno. Intanto le vicende dei nostri si incrociano tra loro. Ho avuto la sensazione che la sceneggiatura abbia scelto per il primo atto che ogni attore presentasse il proprio personaggio con una recitazione volutamente “leggera” per rendere il soggetto più naturale e realistico possibile, lasciandolo nella sua autentica semplicità. E che nella seconda parte invece abbia fatto emergere le chiare capacità artistiche di ognuno di loro per arrivare all’epilogo, rincarando la dose e svelando non solo tutta la bravura, ma marcando il lato drammatico della storia.
Ecco piano piano affiorare il carattere sempre più spiccato di ognuno, le tensioni che si accentuano sia a causa della missione che della rivalità personale, facendo scivolare inconsapevolmente lo spettatore in quella svolta drammatica della storia.
I nostri si rivelano bravi artisti; ben affiatati tra loro, esprimono con realismo e drammaticità la sceneggiatura. Alida non può non riportare alla mente la Ferilli, ma anche e soprattutto tutte quelle brave attrici storiche del cinema italiano degli anni ’50. Sembra uscita da una di quelle pellicole neorealiste non solo per il suo aspetto ben curato e per l’approccio, ma anche grazie ai costumi.
Matteo, che ho seguito spesso attraverso i video disseminati sul web con il suo gruppo “I Due e Mezzo”, si rivela anche al teatro un artista capace. Finalmente ho potuto apprezzarlo per la prima volta dal vivo mentre dà vita a questo soldato dall’accento veneto, simpatico, motivato e soprattutto determinato, nonostante la sua bontà d’animo.
Massimo e Peppe vengono presentati efficacemente come i classici fratelli alle prese con le loro rivalità e i battibecchi; l’affetto fraterno li unisce, le diversità caratteriali, anche queste ben mostrate dai due, li allontanano.
Guido veste i panni di un partigiano piuttosto pasticcione e fantasioso. Conferma le mie precedenti ottime impressioni, dopo averlo visto nella sua bellissima performance nello spettacolo di Veronica Liberale “Quella strana voglia di vivere”. Riesce a mostrarsi simpatico, impacciato, timoroso; un jolly in grado di evocare numerosi stati d’animo incastrandosi nella storia e con gli altri in maniera ineccepibile.
Lo spettacolo funziona, così come gli attori, così come la storia proposta. Azzeccati i rumori di fondo: gli aerei di passaggio, gli uccellini cinguettanti nei momenti tranquilli e i rumori delle armi in lontananza. Molto bella la scenografia che rappresenta una stalla con tutte le suppellettili, realistica e ben fatta.
Quello che ho apprezzato di più è il gioco nel bilanciare le parti più drammatiche e quelle più leggere, senza mai eccedere o esagerare. Un “gioco” che rende la commedia adatta a tutti. I nostri ci fanno ridere, riflettere, emozionarci e al contempo ci propinano anche qualche nozione storica. Intelligente e realistica la discussione animata tra Roberto e Matteo per ciò che concerne le loro scelte politiche, l’uso dei soprannomi, il ricordo delle torture di via Tasso, come il menzionare il calibro giusto dell’armamento di cui era dotato il BF 109, l’aereo da caccia tedesco che si sente ronzare di continuo sulle loro teste. Piccole perle, forse non colte da tutto il pubblico, ma sicuramente da chi ha nozioni storiche, particolari che ho molto apprezzato, perché spesso presi sottogamba nell’ambito dello spettacolo. Cosa dire di più?
Alla fine della serata molte persone si sono fermate vicino ai camerini per salutare i nostri artisti. Tra di loro il fantastico Marco Cavallaro, che a breve proporrà con Guido Goitre “Amore sono un po’ incinta” al Teatro de Servi dal 14 aprile al 1° maggio.
Menzione particolare va al direttore del teatro e al suo staff. Attenti a che tutti indossassero correttamente le mascherine, hanno accolto con premura gli spettatori e li hanno salutati all’uscita. Il Teatro Manfredi di Ostia, è una piccola perla, un luogo accogliente, che propone interessanti spettacoli.
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