Chiesa di Santa Maria in Cappella Roma

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Il suo nome originario era “Sancta Maria ad pineam”, ossia presso la pigna, per via della Madonna col Bambino raffigurata sul frontone tra due pini. Appena entrati, sulla destra c’è in un’epigrafe che ricorda il giorno della sua consacrazione, ovvero il 25 marzo del 1090 per opera di papa Urbano II.

Un passo scolpito su essa recita: “Que appella(tur) ad pinea(m) per ep(iscop)os Ubaldu”, è probabile che il termine “appellatur” sia stato male interpretato (appella), da qui proverebbe l’appellativo più recente di“ Santa Maria in Cappella”, o forse dal fatto che qui precedentemente all’edificazione della chiesa, c’era già una cappella votiva.

Altra ipotesi vuole che il nome potrebbe derivare da “cupella“ (piccolo vaso), usato anche per definire il barile. Una prova sarebbe che qui nel XV secolo aveva sede la Compagnia dei Barilai.

La chiesa viene ignorata dalle fonti dall’XI secolo in poi. Dopo la consacrazione di un altare nel 1113, se ne parla solo per motivi di stabilità, quando la navata destra pericolante fu chiusa al pubblico.

Nel 1391, la chiesa venne ristrutturata da Andreozzo Ponziani, suocero di Francesca Romana, che qui vi fondò l’ospedale del Santissimo Salvatore. Quando il Ponziani morì, l’ospedale rimase a Francesca. La chiesa in seguito passò alle Oblate di Tor de’ Specchi, che la cedettero a loro volta nel 1540 alla già nominata Compagnia dei Barilari.

Nel 1650 Innocenzo X ne conferì poi la proprietà a Donna Olimpia Maidalchini, che qui a Trastevere aveva già acquistato vari terreni.

Al suo interno fece costruire un casino e un giardino, che prese il nome di “Bagni di Donna Olimpia” i quali erano affacciati direttamente sul Tevere. Ancora oggi si intravede parte dell’antica facciata da Lungotevere Ripa.

santa maria in cappellaAlla morte di Olimpia, la proprietà andò al figlio Camillo per poi passare di mano più volte fino al 1797, quando fu concessa in uso al Sodalizio dei Marinari di Ripa e Ripetta e nuovamente restaurata.

Altri restauri furono intrapresi dai proprietari Doria-Pamphilj a metà dell’Ottocento sotto la direzione di Andrea Busiri Vici. Con questi lavori, la chiesa prese l’ aspetto attuale. In seguito furono costruiti due nuovi edifici sui lati del casino che divennero l’ ospizio ancora oggi funzionante, ovvero la Casa di riposo della Fondazione di Santa Francesca Romana.

Il restauro ripristinò anche l’ospedale, che fu destinato alla cura delle malattie croniche. “Morbis chronicis curandis xenodochium ab Auria Pamphiljanum“, ovvero: “Ospizio Doria Pamphilj per la cura delle malattie croniche”.

Nel 1834 in un acquerello di Achille Pinelli, la facciata di Santa Maria in Cappella appare divisa da quattro pilastri sporgenti nei quali ci sono degli affreschi dello stesso autore raffiguranti “Santa Francesca Romana” e “San Gregorio Magno”. Sul portale c’è una “Madonna con il Bambino” e nel mezzo del frontone vi è un finestrone decorato con stucchi.

santa maria in cappellaLa facciata della chiesa è il frutto del restauro del Busiri Vici, mentre il campanile è rimasto inalterato dal XII secolo.

L’interno è buio ma affascinante, l’ ambiente si presenta suddiviso in tre navate. In alcuni punti si notano profonde e preoccupanti crepe. Le navate dono divise fra loro da due coppie di cinque colonne di epoca romana.

La decorazione interna è frutto dei lavori di restauro dell’Ottocento e quasi niente rimane dell’epoca medievale. Tutte le pitture sono purtroppo andate perdute, le decorazioni visibili molto belle appartengono dunque all’ultimo restauro Ottocentesco.

Particolare è la statua marmorea della “Madonna con Bambino fra due pini” già citata e posta sul portale di accesso. La presenza dei due pini potrebbe spiegare il nome primitivo alla chiesa “Ad pinea”, anche se “pinea” significa “pigna”, mentre pino in latino, si direbbe “pinus“…

Sulla destra della chiesetta è situato un piccolo campanile in laterizio che risale al primo periodo romanico della fine dell’XI e gli inizi del XII secolo. Il campanile è composto da due ordini, con delle bifore a pilastro; sulla superficie ci sono delle cornici eseguite con un filare a denti di sega inserito tra due file di laterizi.

Dopo la chiesa si può visitare un fresco ed incantevole giardino rigoglioso con una grande fontana a vasca al suo centro.

Salendo al piano superiore si percorre un lungo corridoio con delle vetrine in cui sono racchiusi alcuni reperti archeologici di varie epoche raccolte sul sito. Alla fine del corridoio si accede a quello che era il vecchio ospedale e che conserva ancora i suoi letti per i degenti che ospitava.

Si accede poi ad un’ incantevole cappella, evidentemente riservata ai malati e a chi vi operava, con una finestra a vetri decorati con motivi religiosi. In alcune teche della corsia sono esposti grandi diari e documenti che raccolgono testimonianze della quotidianità dell’ospedale.

Una visita che ci fa ripercorrere un lungo periodo del passato di questa affascinante struttura, che ha colpito anche molti registi che l’hanno immortalata nelle scene dei loro film e fiction come ad esempio “Suburra”.

La chiesa è di proprietà della famiglia Doria Pamphilj e si può visitare pagando un biglietto dal prezzo irrisorio.

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