Vivi Roma, a passeggio per la città
Prima parte
Il Roseto di Roma è uno tra i più belli al mondo, si estende per 10.000 metri quadrati su un versante del colle Aventino, ben visibile dal Circo Massimo posto invece più a valle. Il primo impianto del Roseto risale al 1931, realizzato da Francesco Boncompagni Ludovisi, allora Governatore di Roma, su richiesta e desiderio della Contessa Mary Gayley Senni, che in seguito fu anche curatrice di alcune edizioni del concorso floreale.
All’epoca il parco era sito sul Colle Oppio, vicino al Colosseo. Durante il Secondo Conflitto Mondiale la zona, in parte già dimenticata, fu trasformata in Orto di guerra e poi distrutta dai bombardamenti.
Nel 1950 il Comune di Roma pensò di ricostituire il roseto, stavolta sulle pendici dell’Aventino, proponendo l’idea alla Comunità Ebraica che qui aveva un suo cimitero.
Questa zona ha un passato importante: in antichità era stata prima un’area agricola, poi nel III secolo a.C. aveva ospitato il tempio di Flora; vicino vi era un importante tempio risalente a Servio Tullio, che poi nel 36 a.C. fu dedicato alla dea Diana, sul colle nel 133 a.C. si rifugiarono Gaio e Sempronio Gracco in fuga da Roma. Nel 450 a.C. Appio Claudio marciò con il suo esercito proprio qui, dopo una sua non nobile azione, e sempre qui i plebei nel 494 a.C. si ritirarono per ottenere la parificazione dei loro diritti con i patrizi… Insomma, è un luogo con tanta storia.
Più recentemente questo posto era conosciuto come “Ortaccio degli Ebrei”. Risale infatti al 1645 il Cimitero della Comunità Ebraica di Roma, qui stanziato e poi trasferito nel 1934 in un’area del Cimitero Verano, proprio per poter trasformare “l’ortaccio” e destinarlo come luogo verde per il pubblico. Nello stesso periodo furono costruite via del Circo Massimo e via di Valle Murcia, che divide in due il Roseto. I cipressi secolari ancora oggi visibili in quest’area risalgono proprio a quel tempo.
La Comunità fu subito favorevole all’idea, chiese però che all’ingresso venisse posta una stele per ricordare ai visitatori la passata destinazione sacra del luogo.
L’architetto Di Castro disegnò allora due steli che riproducevano le tavole di Mosè, poste agli ingressi delle due aree: quella della “collezione” e quella del “concorso”. I viali del giardino destinato all’area della collezione (quello grande) sono stati progettati a forma di Menorah, il candelabro simbolo dell’ebraismo, che è ben visibile ponendosi sulla scalinata centrale. Il giardino grande è quello appoggiato sulla parte alta del colle, destinato ad ospitare le rose botaniche antiche e moderne. Si ripercorre così, nella passeggiata tra i vialetti, una parte della storia dell’evoluzione della rosa, dall’antichità ad oggi.
Il giardino più piccolo è invece più a valle, confina con via del Circo Massimo ed è separato da quello grande da una strada solitamente pedonale, oggi occupata ed arredata per ospitare la manifestazione della premiazione.
Qui vengono ospitate le rose che partecipano ogni anno, a maggio, al “Concorso Internazionale Premio Roma per Nuove Varietà di Rose”.
Le rose che vi partecipano provengono da ogni parte del mondo e arrivano in loco due anni prima rispetto al concorso. Piantate e curate dai tecnici del Roseto, sono visionate durante il concorso da una Giuria Permanente.
Parte delle notizie qui riportate sono estratte dal volume “Il Roseto di Roma capitale” di Salvatore Ianni e Antonello Santelli (il secondo, ho avuto il piacere di conoscerlo durante la manifestazione del 22 maggio 2022). A loro volta un sunto di queste informazioni sono riportate su un fascicolo stampato appositamente per questa edizione e distribuito gratuitamente dallo staff.
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