Questo sito conserva i resti di un complesso residenziale romano sottostante la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, a Roma, nel rione Celio.
Gli ambienti furono interessati da indagini quando nel 1575 vennero trovate le reliquie dei due santi, ma furono i lavori di due secoli dopo a riportare alla luce le meraviglie del sito.
Alla fine dell’Ottocento, il rettore della basilica Padre Germano di S. Stanislao, con passione e dedizione scavò per anni oltre la piccola cella che costituiva il martyrium, il luogo dove erano deposte le reliquie dei martiri a cui era intestata la basilica.
Questo padre passionista iniziò i lavori di recupero, dopo essersi calato all’interno di una delle camere funerarie accorgendosi che le pareti sotto un leggero strato di calce, conservavano delle pitture antiche.
Vennero così sgombrati di terra e riscoperti oltre 20 ambienti, dei quali 13 affrescati, in cui si riconoscono non solo le diverse stratificazioni delle varie epoche, ma anche gli usi.
Il complesso era costituito da due insulae popolari, la prima del 111, composta da un balneum, un impianto termale privato al pianterreno e da abitazioni al piano superiore, l’altra è invece del secolo successivo, ed ospita delle botteghe site al pian terreno, le cui tracce si riscontrano negli archi oggi tamponati al fianco della basilica lungo il Clivo di Scauro. Sono presenti anche abitazioni ai piani superiori, di cui restano le tracce di due piani con le relative finestre.
I due edifici, di cui un cortile trasformato in ninfeo, furono riuniti nel III secolo in un’unica proprietà di 500 metri quadrati e poi trasformati in un’ unica elegante domus, con ambienti lussuosamente affrescati.
Nel IV secolo, il complesso divenne proprietà della famiglia del senatore Byzas che vi istituì un titulus cristiano Titulus Byzanti, poi attribuito al figlio Pammachio, Titulus Pammachii.
Con la costruzione nel V secolo della basilica, gli ambienti romani non riutilizzati vennero interrati, mentre gli altri riutilizzati per le strutture della basilicala, per essere recuperati in seguito.
Gli affreschi appartengono a periodi diversi e illustrano soggetti iconografici diversi.
Il restauro ha restituito gran parte degli ambienti e gli affreschi e ricavato uno spazio espositivo museale che conserva i reperti ritrovati nel sito.
Alla fine del III secolo, l’isolato si sviluppa lungo le pendici occidentali del colle, qui si forma la grande domus signorile di questa ricca famiglia. I primi interventi interessano i locali commerciali dell’insula. Viene modificata l’entrata, chiuse le arcate del portico e alcune finestre dei piani superiori.
Altri vani vengono modificati con destinazione di rappresentanza, mentre uno continuerà ad ospitare una bottega. Anche i pavimenti furono completamente rifatti e sostituiti con mosaici policromi.
Un’altra area prima adibita a servizi e quindi separata da un cortile interno, viene inglobata inserendovi un muro continuo. Il portico viene invece suddiviso mediante dei tramezzi con cinque ambienti separati tutti comunicanti.
Il vicolo-cortile che separava le insulae diviene così il punto centrale del nuovo edificio che raccorda i vari ambienti della casa.
Ad un’estremità della casa viene realizzato un ninfeo con fontane, decorato con un affresco a soggetti marini. Ad un altro ambiente attiguo viene inserita una scala per salire ai piani superiori. Nell’ ambiente più interrato viene ritrovata quella che sembra una cantina.
La stanza denominata “dei geni”, è raffigura da una pittura con delle figure di adolescenti alati che vestono un mantello che scende dietro le spalle sostenuto con le mani o con gli avambracci.
Dietro di loro compaiono dei festoni floreali, tra cui volano uccelli di varie specie tra cesti ricolmi e frutti che collegano questo dipinto a quello dell’ambiente seguente del cortile-ninfeo, probabilmente dello stesso periodo, la seconda metà del III secolo.
La “stanza con zoccolo a finte specchiature marmoree”, presenta raffigurazioni floreali, e ha uno stile simile a quello del mitreo di Santo Stefano Rotondo poco lontano.
Il cortile-ninfeo a cielo aperto, separa le due insulae per diventare poi un ninfeo con archi e fontane. Presenta una grande struttura quadrata rivestita di un particolare colore rosso.
Poco sopra, un grande dipinto mitologico raffigura tre figure di cui due femminili sdraiate e una maschile in piedi. Il soggetto maschile sta versando da bere nella coppa offerta dalla dea. Il gruppo è inserito in un contesto marino, dove sullo sfondo compaiono piccoli eroti impegnati nella pesca o nella navigazione e dove si scorgono dei pesci che emergono dall’acqua.
Il dipinto potrebbe rappresentare il ritorno di Proserpina dall’ Ade su un’isola tra Bacco e Cerere, oppure essere la raffigurazione di Venere Marina alla quale Bacco versa da bere. Poco più avanti c’è un pavimento che conserva una decorazione geometrica con calici di fiori e colombe.
Nella “stanza dell’ orante” troviamo una figura femminile ritratta con le braccia aperte, da qui si giunge ad un piccolo ambiente chiamato confessio, in cui è stata ricavata una nicchia rettangolare, nella quale sarebbero state costudite le reliquie dei santi Giovanni e Paolo. I due erano dei soldati romani giustiziati perché cristiani sotto il regno di Giuliano l’apostata.
Sulle pareti troviamo ancora decorazioni con riquadri che incorniciano maschere di Sileno, maschere teatrali e mostri marini.
La domus in seguito diventerà un luogo di culto per i fedeli, che giungeranno qui a pregare sulle tombe di questi santi.
In corrispondenza della tomba dei martiri troviamo sette scene di difficile comprensione, interpretate come pitture di natura cristiana, databili alla fine del IV secolo. Oltre ai santi Giovanni e Paolo sono stati sepolti qui anche i santi Crispo, Cipriano e Benedetta di cui gli addetti agli scavi hanno ritrovato le fosse.
La facciata dell’insula incorporata nella parete sinistra della chiesa, è conservata per tutta la sua lunghezza ed altezza sul Clivo Scauri. Si caratterizza da un lungo porticato con sei aperture ad arco. Dal portico si accedeva agli ambienti commerciali del piano terra. Si trattava di una serie di taberne o botteghe per la rivendita. Ogni ambiente era seguito da uno posteriore con funzioni di retrobottega o magazzino e disponeva di un ingresso secondario su un cortile. Ogni taberna aveva un soppalco ligneo utilizzato come abitazione con delle scalette di legno amovibili per accedervi.
La basilica superiore è attribuita al senatore Pammachio morto nel 410 personaggio di spicco della comunità cristiana ed ultimo proprietario della casa.
In un altro ambiente sono conservate le tracce di una decorazione di un affresco di epoca medievale, qui è raffigurato Cristo tra gli arcangeli Gabriele e Michele e i santi Paolo e Giovanni.
Il dipinto è stato rimosso e oggi è conservato nell’ antiquarium. Sulle altre pareti viene raffigurata la passione di Cristo, la crocifissione, il sorteggio della veste Cristo, il sepolcro e la discesa al limbo.
Particolarmente interessante la raffigurazione del crocifisso in cui appare Cristo con una tunica o colobium, molto diffusa nell’ambito siriaco palestinese. Un altro dipinto poco comprensibile potrebbe raffigurare Il martirio dei santi Giovanni e Paolo, oppure Cristo davanti a Pilato.
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