Altreconomia edizioni presenta:
“100 parole per salvare il suolo”
Un piccolo dizionario per tradurre dal dialetto urbanistico alla lingua italiana: perché per tutelare il suolo che ci resta è indispensabile che tutti capiscano le parole scritte nelle leggi e nei piani urbanistici.
Il nuovo prezioso lavoro di Paolo Pileri, l’autore di “Che cosa c’è sotto”
Con un testo di Tomaso Montanari
Ci sono parole che, sotto una mano di verde, hanno un cuore di cemento. Così una bella mattina scopriamo che davanti a casa nostra è sorto un nuovo cantiere e le betoniere stanno asfaltando l’ultimo prato libero. Ma la legge e il piano urbanistico sembravano chiari al riguardo: non era possibile. Che cosa ci è sfuggito? Forse una sola parola. L’urbanistica è infatti diventata una lingua straniera, un gergo è padroneggiati da pochi, pieno di parole dal significato incomprensibile e scivoloso per i comuni cittadini e con una grammatica ambigua, che quasi sempre fa scempio del suolo, mentee dice che lo sta salvando.
Questo libro – attraverso la “traduzione in italiano” e grazie ad esempi, aneddoti, citazioni – svela il significato di oltre 100 delle parole ed espressioni più frequentemente usate in urbanistica, da “àmbito” a “urban sprawl”. Un aiuto fondamentale per imparare a leggere, “tradurre” e interpretare, ad esempio, la legge della propria Regione, il piano del Comune o una sentenza del Tar e denunciarne le incongruenze e le storture. Perché la cultura e la conoscenza sono le armi più affilate contro il consumo di suolo: la comprensione delle parole è la chiave.
Un lavoro certosino da interpreti per disvelare le ambiguità e le falsità racchiuse in parole e frasi che all’apparenza sembrano benigne o perfino rivolte alla tutela del suolo, ma invece hanno tutt’altri effetti. Se le parole sono corrotte o ambivalenti, infatti, lo è il pensiero stesso: ed è quindi prima di tutto nelle nostre teste che il consumo di suolo (o l’accondiscendenza a questo) prende forma, quasi senza che ce ne accorgiamo. Le parole invece devono essere “chiare, inequivoche e dal significato netto per restituire dignità a una risorsa non rinnovabile e attribuire le dovute responsabilità a chi la manomette”.
Un libro che con il tramite delle parole – vedi qui l’indice completo e qui uno dei “lemmi” – affronta temi titanici ed attualissimi: l’incomunicabilità tra cittadini e istituzioni, la “rendita” come devastante strumento di arricchimento a danno del suolo e dell’ambiente, la “solitudine amministrativa” di cui soffrono i sindaci, specie nel caso dei piccoli Comuni, l’incuria di una certa urbanistica nel gestire il territorio e avallare il consumo di suolo, la presenza di diversi “dialetti” urbanistici che cambiano da Regione a Regione.
Il libro si apre con alcuni concetti preliminari: ovvero le parole dell’urbanistica che hanno più hanno a che fare con la vita o la morte del suolo, come il concetto stesso di “suolo” e quello di “consumo di suolo”. A seguire le definizioni di circa 100 parole (o gruppi di parole) ciascuna delle quali apre un mondo, dalla fondamentale “Destinazione d’uso dei suoli” alla martoriata “Valutazione ambientale strategica”. Prima delle conclusioni dell’autore c’è lo spazio per alcuni “casi di studio” che a partire da alcune formule magiche (come “Senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”) analizzano piani, leggi, sentenze in cui è evidente la manomissione delle parole a tutto svantaggio del suolo.
Non si tratta affatto, però, di un manuale di tecnica urbanistica o di un arido esercizio: il libro racchiude invece una potente carica etica e civile.. Si rivolge infatti a tutti, a cittadini e comitati, ma anche a studenti, urbanisti, amministratori pubblici, invitandoli all’azione.
Così l’autore: “Questo dizionario ci restituisce le parole e il loro significato, ma anche gli strumenti per chiedere con cognizione di causa che il suolo – risorsa delle risorse – resti terreno agricolo, prato, bosco e non diventi una distesa di cemento. (…) Dobbiamo smettere di vergognarci della franchezza e della chiarezza, di parlare facile e per tutti. Ai cittadini chiedo di non arrendersi davanti alla parola ma di chiedere spiegazioni, senza vergognarsi e senza stancarsi. (…) Da oggi, vietato parlare difficile. Tutti”.
Scrive infine Tomaso Montanari nel testo che apre il libro:
(…). “Sotto il profilo culturale: il cemento (e il consumo di suolo) devono diventare una cosa impronunciabile, impensabile, nefanda. (…) Tutto il resto – le leggi, la politica – si costruiscono sopra un suolo e questo suolo metaforico è un suolo culturale, in cui deve vigere il tabù del consumo di suolo”.
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