Quest’anno, la passerella romana dell’Istituto Europeo di Design è dedicata all’indipendenza e alla libertà espressiva delle nuove generazioni
Tanti i temi esplorati, che connettono il mondo moda con l’attualità: l’esaltazione del femminile, la lotta al femminicidio, il superamento degli stereotipi legati a generi ed epoche
Una moda dedicata all’indipendenza e alla libertà. Diciotto idee creative che trascendono cliché e stereotipi legati ad arti, generi ed epoche per esprimere, con chiarezza, interessi, emozioni e ambizioni personali delle nuove generazioni. Questo, il fil rouge che ha abbracciato i progetti della Scuola romana di Moda dell’Istituto Europeo di Design, e portati in passerella mercoledì 12 luglio nella suggestiva cornice dei giardini della sede, abbracciati dall’acquedotto romano che ne disegna i confini. A sfilare, come ogni anno, i lavori migliori dei neodiplomati in Fashion Design e Design del Gioiello IED Roma, con il risultato di un percorso didattico durato tre anni.
Un lavoro corale, dal titolo “Me, myself and I” e tecnicamente legato al concetto di indie fashion, che parte dallo studio e dal recupero del vintage per superarlo tramite rielaborazioni personali. “Quest’anno i progetti sono nati da percorsi introspettivi e hanno sposato il trend dell’independent fashion. Molti dei progetti in mostra hanno reinventato sapientemente elementi che appartengono al passato, proiettandosi così sul futuro”, ha commentato Paola Pattacini, coordinatrice della Scuola di Moda IED Roma. “Lo spirito del fashion show ha unito ai temi centrali della sede romana, legati all’indipendenza e alla sartorialità anche il coraggio che i più giovani hanno nell’esprimere i loro valori”.
Undici le capsule collection presentate, accompagnate da tre collezioni di accessori e quattro di gioielli. Sotto i riflettori, una generazione che sta sviluppando nuovi modelli sociali, sempre più inclusivi, oltre che temi di grande attualità: la lotta al femminicidio, il superamento dell’identità di genere, la celebrazione del femminile, il body positivity.
Tra i progetti presentati, L’Amore Superbaby, collezione della designer Ban Zsofia Klara che nasce da una domanda: è davvero la scelta di cosa indossare che ha ucciso Mahsa Amini? Quando si parla di violenza di genere, l’abito viene spesso strumentalizzato. Attraverso capi che mixano elementi di costume ottocentesco a texture e forme più contemporanee, il progetto della designer è un inno alla libera espressione della femminilità. Nella collezione L’autre moi, lo studente Luca Di Giacomantonio esplora invece le definizioni di identità di genere, per vincerle. Considerando l’evoluzione che ha subito l’arte del travestimento, dalla fotografia del ‘900 a oggi, la collezione contamina e mescola elementi sartoriali definiti storicamente come maschili e femminili per creare un incontro tra arti, generi ed epoche. Il giovane designer è inoltre vincitore dell’ultima edizione del Concorso Nazionale Professione Moda Giovani Stilisti, promosso e organizzato da CNA Federmoda, nella categoria Pellicceria.
A sfilare è anche il progetto Vitruviana, di Maria Chiara Sorbino, un viaggio attraverso il concetto di perfezione e trasformazione di un corpo. Al centro del famoso cerchio di Da Vinci si iscrive ora una figura femminile come simbolo di perfezione celeste e terrena, perno centrale del mondo. Nel dialogo tra il corpo rinascimentale e contemporaneo, i canoni storicamente legati alla perfezione e i codici utilizzati da Da Vinci lasciano il posto a un corpo imperfetto e consapevole. Sempre sul tema del corpo femminile, Animata Materia, una collezione disegnata dalla studentessa Dorotea Oddo, un viaggio che dall’interiorità arriva alla percezione che il corpo subisce dal mondo esterno.
Infine, la designer Giorgia Scuderi porta in passerella l’orgoglio delle Riot Girl, con il progetto Riot BZZZ, una collezione che attraverso silhouette anni ’90 dal sapore grunge/punk, mette in scena l’emancipazione femminile.
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