Esistono uomini che fanno la storia ed esistono uomini che sono la storia.
FRANCO CALIFANO SI PONE IN MEZZO FRA LE DUE CATEGORIE, CON LA SUA CONSUETA VOGLIA DI SPEZZARE GLI SCHEMI E DI NON UNIFORMARSI AL MONDO CHE LO CIRCONDA, SE NON PER GODERE DELLE SUE BELLEZZE SENZA FRENI. IL CALIFFO, O IL MAESTRO, NON HA MAI VOLUTO PIEGARSI ALLA NORMALITÀ DELLE COSE: SIN DALLA SUA NASCITA, CHE AVVENNE PER PURO CASO FRA LE POLTRONCINE DI UN AEREO CHE STAVA SORVOLANDO I CIELI FRA LA LIBIA E JOHANNESBURG. ERA IL 14 SETTEMBRE 1938 E IL MONDO DIEDE IL BENVENUTO AL PICCOLO FRANCO, POCO PRIMA DI VENIR SFREGIATO DALLE TRAGEDIE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.
Nato a Tripoli (Libia) il 14 settembre 1938, ha scritto una biografia “Senza manette”, in cui ricorda la sua gioventù in grande ristrettezza economica («come casa una Fiat 1400 per dormire») e la sua infanzia di bambino senza scarpe: dai corsi di ragioneria serali alla morte del padre, quando aveva 18 anni («Con mio padre il destino fu addirittura spietato, non gli dette nemmeno il tempo di fargli consumare la sua vita. Di sentire la mia prima canzone…»).
Ha sostenuto di essere stato a letto con 1.500 donne, poi ci ha ripensato, erano 1.700 (“calcolando una media di tre al mese, dai 13 anni in poi. Certo più delle 1.100 canzoni che ho scritto”). La prima: “una vedova, madre di un mio compagno di scuola. Aveva 33 anni, io 13. Fece tutto lei.”
A 19 sposò Rita Di Tommaso dalla quale ebbe Silvia, ma il tutto durò solo pochi mesi. Tanta amarezza nelle parole della figlia dopo la morte del Maestro: “Gli avrei voluto scrivere. Forse gli avrei chiesto perché mi ha buttato al mondo e lasciata lì. Non ho mai scritto nessuna lettera perché temevo la risposta, ammesso che sarebbe arrivata”.
La storia d’amore più “tenera” fu quella con Mita Medici, che all’epoca aveva diciassette anni, mentre lui ne aveva ventisette.
È stato arrestato due volte per cocaina, una volta nell’ambito del caso Chiari-Luttazzi negli anni ’70, coinvolti personaggi dello spettacolo poi tutti assolti, un’altra all’interno del caso Tortora. In tutto ha fatto per questo tre anni e mezzo di carcere. Il suo commento: “Negli anni Settanta sono finito nel processo di Walter Chiari, negli anni Ottanta in quello con Tortora: possibile che alla mia età, con la mia carriera non me ne sono meritato uno tutto per me?”.
Alla fine, Franco Califano verrà assolto da tutte le accuse per mancanza di prove.
Quando usciva un nuovo modello di auto il primo veicolo disponibile era il suo. Per non parlare delle moto (“passione che mi è passata quando è arrivato l’obbligo del casco”). Aveva sempre come minimo tre macchine, una Mercedes, una Jaguar decappottabile e una Maserati o una Ferrari.
Sin dalla sua giovinezza dimostra una spiccata attitudine per lo studio e un’intelligenza fuori dal comune: un vero e proprio mix di genio e sregolatezza.
Dopo la prematura morte del padre il Califfo decise di trasferirsi a Milano e di inseguire il sogno del successo nei fotoromanzi: il suo viso da belloccio tutto d’un pezzo gli portò diverse collaborazioni con le edizioni Grand Hotel e Lancio, soprattutto nei panni del duro. L’avventura milanese durò molto poco, dato che il Califfo decise di tornare a Roma.
Dopo tanti anni passati a studiare musica decise di intraprendere la carriera di autore. Cominciò ad avere successi immediati e continui con testi che rimarranno indelebili nella memoria di tutti come “E la chiamavano estate” (1965) o “La Musica è finita”, scritta nel 1967 per Ornella Vanoni.
Ma il ’67 fu anche un anno durissimo per il Califano: contrae la meningite che lo costringe a trascorrere un intero anno al Mater Dei di Roma. Un colpo basso del destino, che spinse il Califfo sull’orlo della bancarotta e che fece andare in fumo il denaro guadagnato con la sua carriera di paroliere. Al punto che, dimesso dall’ospedale, il Califfo scelse la via della prostituzione per procurarsi un alloggio e per pagarsi le spese.
Nel 1973 entra di diritto nella storia della musica italiana con il brano “Minuetto”, scritto per Mia Martini. Il successo come cantante arriverà con “Tutto il resto è noia” con oltre un milione di copie vendute. Il testo di “Tutto il resto è noia” finisce addirittura come oggetto di studio fra le aule delle scuole.
La nuova generazione dimostra di amare alla follia non solo la sua musica, ma anche il suo personaggio ed il suo stile di vita. Al punto da spingerlo sui set cinematografici di Gardenia – Il giustiziere della mala (1979) e Due strani papà (1983), insieme al grande Pippo Franco.
A causa del suo stile di vita portato all’eccesso Franco Califano riuscì a dilapidare il suo patrimonio. Nel 2010, a causa del suo stato precario di salute dovuto alla rottura di tre vertebre in seguito a una caduta dalle scale, non poté continuare a fare le serate e, non bastandogli i soldi percepiti dalla SIAE come diritti d’autore, invocò la legge Bacchelli, che prevedo un vitalizio per gli artisti che versano in situazione di grave indigenza.
Franco Califano è stato imitato da molti artisti, ma l’interpretazione più celebre è quella di Fiorello nel suo programma Stasera pago io. Degna di nota è la puntata di Romanzo criminale, serie ispirata alla Banda della Magliana, in cui il Califfo è rappresentato come ospite al matrimonio di uno dei malviventi, dove canta Tutto il resto è noia.
È morto nella sua villa di Acilia per arresto cardiaco a 74 anni. La camera ardente è stata allestita in Campidoglio presso la quale molte persone si sono recate, fra queste Fiorello e Maurizio Mattioli. Tra le sue ultime volontà, quella di essere sepolto nel cimitero di Ardea vicino al fratello Guido e al nipote Fabrizio. Volontà ritardate per mesi a causa di ostacoli burocratici. Sulla sua lapide, per sua richiesta, è stata apposta la frase “Non escludo il ritorno”, titolo dell’omonima canzone con cui prese parte al Festival di Sanremo 2005.
FRASI:
• Confessare a una donna di essersi masturbati pensandola è uno dei complimenti più belli che esistono.
• Sapete perché ho scritto un libro sul sesso? Perché me l’hanno chiesto. E hanno fatto bene.
• Se non viene bene il bacio non viene bene nient’altro.
• Renato Zero non mi interessa. Lo conosco da quando ero piccolo. Secondo me non è un personaggio vero, è tutto costruito a discapito della buona fede dei giovani. Io ho troppo amato David Bowie perché possa amare un sottoprodotto di Bowie. Mi sta bene tutto, l’ambiguità, I’omosessualità, non ho tabù, ma proprio l’attività artistica di Zero non mi dà emozione. Nessuna.
• Cari amici, io mi sentirò vecchio solo cinque minuti prima di morire ma penso di essere in grado di raccontarvi alcuni trucchi del mestiere.
• Tante donne possono stancare. Troppe, no: ti tengono allenato.
• L’orgasmo dell’uomo deve essere il piacere della donna.
• Giovani lo si è sempre, se lo si vuole.
• La donna romana è un problema, ti scordi la libertà. La milanese è più facile… Se bussi ti fa entrare, senza problemi. La romana è dura, è dura perchè se la tira, senza motivo poi; la romana s’atteggia e nun se sà perchè… Mi ricordo sin da allora che la romana te chiede che macchina c’hai… vole sapè che macchina c’hai perchè attraverso la macchina arriva alla tua posizione sociale…. c’hai li sordi? stai in bianco?
• Le donne hanno bisogno prima del sesso di stima e di rispetto. E io le stimo e le rispetto tutte.