Il 3 aprile 2004 Gabriella Ferri moriva cadendo da una finestra della sua casa di Corchiano.
FINIVA COSÌ, A 61 ANNI, LA VITA DI UN’ARTISTA TANTO GRANDE QUANTO TORMENTATA. UN MALORE DOVUTO AI FARMACI CONTRO LA DEPRESSIONE CHE L’AFFLIGGEVA DA ANNI? NESSUNO SA DIRE CON SICUREZZA COSA ACCADDE IN QUEL GIORNO DEI PRIMI DI APRILE, QUANDO FORSE, SPORGENDOSI UN PO’ TROPPO DA QUELLA FINESTRA, VOLEVA GUARDARE, LÀ SOTTO, I MANDORLI GIÀ FIORITI DI PRIMAVERA.
Nonostante i parenti precisarono che il suo umore fosse migliorato in molti è rimasta la convinzione che Gabriella Ferri si sia suicidata. Ci lascia un patrimonio musicale e artistico che meriterebbe di venire ricordato più spesso, in particolare dagli addetti ai lavori, visto che si tratta della più abbagliante stella che il folk italiano abbia mai generato. Non solo musica, ma anche teatro; non solo l’antico fascino del volgo, ma un lavoro raffinato di ricerca musicale. Non solo interpretazione, ma anche creatività, fu infatti una delle prime donne in Italia a firmare i propri brani. Ricordiamo anche la sua passione per la musica latina, che le ha permesso contaminazioni rimaste irripetute.
Gabriella, testaccina diventa presto ribelle anche a causa del rapporto col padre Vittorio – venditore ambulante con ambizioni artistiche – che da una parte le apre le porte della musica, trasmettendole gran parte del repertorio tradizionale romano, dall’altra con i suoi modi tirannici la allontana involontariamente da casa. La figura paterna tuttavia l’accompagnerà sempre, nonostante il rapporto travagliato.
Abbandonata la casa natia, lavora in un negozio nei pressi di Piazza del Popolo, dove nel 1963 conosce Luisa De Santis, figlia del regista Giuseppe. Fra le due scatta subito una certa alchimia e in breve si ritrovano a cantare all’unisono canzoni folkloristiche romane e napoletane. Un anno dopo decidono di andare a vivere a Milano, dove trovano l’appoggio dei saloni intellettuali. Il momento determinante però arriva quando Enzo Jannacci riesce a farle esibire all’Intra’s Derby Club dove vengono notate da Walter Guertler, che le mette sotto contratto e pubblica il loro primo 45 giri con la Jolly, una rielaborazione del brano popolare La società dei magnaccioni. Il sodalizio con Luisa non dura però che un paio d’anni. La De Santis trova infatti stressante la carriera da musicista e il duo si scioglie senza traumi. Gabriella continua da solista, trasferendosi per un certo periodo in America.
Tornata in patria, frequenta il bar Rosati a piazza del popolo dove si incontravano artisti e intellettuali e conosce Vittorio Gassman e Nino Manfredi, nonché un giovane Renzo Arbore, appena arrivato nella capitale, che la fa appassionare al repertorio napoletano. Debutterà subito dopo al Bagaglino, di cui diventa la cantante ufficiale; qui conosce Piero Pintucci, che diventerà un suo collaboratore musicale abituale. È tramite questa esperienza che Gabriella inizia a sviluppare il suo proverbiale piglio teatrale e clownesco. Il 1967 è sostanzialmente un anno di buco nella sua carriera, occupato da un matrimonio pasticciato e di breve durata.
All’inizio del 1969 partecipa a Sanremo con “Se tu ragazzo mio”. A suonare l’armonica a bocca da dietro le quinte è un giovanissimo Stevie Wonder, che poi sale sul palco per interpretare la sua versione del brano, in uno stentatissimo italiano. Il brano viene eliminato subito e non entra in alcuna classifica di vendita. Ma quando però le cose sembrano non andar bene, accade l’impensabile. Gabriella incide “Te regalo yo mis ojos”, versione spagnola di “Ti regalo gli occhi miei”, per lanciarla sul mercato sudamericano. Il brano spopola, superando in pochi mesi il milione di copie vendute fra Argentina, Venezuela e Cile. È un successo enorme, che spinge la cantante a intraprendere un tour in quei paesi, dove verrà accolta da un bagno di folla. Buffo pensare come oggi la memoria di Gabriella Ferri sia quella di un’artista da canzone dialettale quando su larga scala è stata in realtà apprezzata per la prima volta dall’altra parte dell’oceano e dell’equatore.
Anche a causa del suo fisico robusto è stata spesso associata ad una mamma Roma in competizione a Claudio Villa: stornellando, i due si dicono le cose peggiori e Gabriella ne esce come l’erede di un genere romanesco che non è solo voce, ma anche aspetto.
Negli anni ’70 aumentano le sue apparizioni in televisione. Nel 1972 si reca in Venezuela e a Caracas conosce l’imprenditore statunitense di origine russa Seva Borzak, che sposerà solo tre mesi dopo, e da cui avrà l’unico figlio, Seva junior.
Nel 1976 partecipa al film Remo e Romolo – Storia di due figli di una lupa.
Sembrerebbe un buon periodo per Gabriella, ma nel 1975 muore Vittorio Ferri e la situazione precipita. Gabriella non regge la mancanza del padre e cade in depressione. Si vocifera di un tentativo fallito di suicidio, per certo ci furono due date sold out al Sistina annullate perché l’artista non si sentiva abbastanza in forze da affrontare il palco. Si prende a questo punto un periodo di pausa – non si capisce bene se volontaria o forzata.
Trasferitasi negli Stati Uniti, torna nel 1987, quando esce Nostargia. Il singolo di lancio, “Er Zelletta”, è un tenero racconto sulla perdita della verginità, ma suona un po’ fuori tempo massimo, come tutto il resto del disco. In quel periodo canta anche la sigla del programma “Biberon”, che segna il ritorno del Bagaglino. Il brano è sospinto da suoni freddi e plastificati, ma in qualche modo vedere di nuovo Gabriella calcare il palcoscenico risulta emozionante. Anche perché dopo quella partecipazione si ritira dalle scene. Tornerà con un paio di lavori trascurabili soltanto a fine anni Novanta, e in televisione solo per qualche sporadica comparsa (da ricordare una bella intervista con Gianni Minà nel 1997).
Gabriella Ferri era una persona semplice che amava circondarsi di persone semplici, è stata un’artista di grande valore musicale alla stregua degli esponenti folk che venivano d’oltreoceano. Abbiamo giustamente esaltato personaggi come Bob Dylan, Janis Joplin, Joan Baez, ma non ci siamo accorti del patrimonio musicale nostrano. Non possiamo non ricordare canzoni del calibro di DOVE STA ZAZA’, REMEDIOS, SINNO’ ME MORO, SEMPRE, GRAZIE ALLA VITA, E’ SCESA ORMAI LA SERA e per finire LE MANTELLATE dove racconta i sentimenti di una carcerata, argomento alquanto sentito dalla Ferri e affrontato molte altre volte. “Le mantellate so’ delle sore, ma a Roma so’ soltanto celle scure” (le mantellate per i romani stanno a rappresentare uno dei viali che costeggiano Regina Coeli). Nella canzone viene descritto un senso di solitudine e d’oppressione. soprattutto nel finale: “Ma Cristo nun ce sta drento a ‘ste mura, mo’ che parlate a fa’, mo’ che parlate a fa’, qua drento ce sta solo infamità”.
PENSIERI, FRASI E CURIOSITA’
Il mio non è un discorso musicalmente colto: la mia è una certezza del tutto emozionale, ma io credo che un cantante debba poter cantare tutto ciò che ama davvero.
Il giornalismo ha spesso fatto passare la mia malattia come una sorta di male oscuro, come se fossi una drogata.
La televisione in Italia fa vergogna funziona solo se hai tette e sedere.
In fondo io sono un clown perché sono malinconica e allegra.
Ogni esibizione è un momento travolgente che è impossibile da dimenticare.
Di mio padre mi manca il fatto che siamo riusciti ad incontrarci e a capirci alla fine della sua vita.
Il criterio con cui scelgo i pezzi musicali, è lo stesso che mi ha sempre guidato: l’istinto.
Quando abitavo a Campo de Fiori, ogni volta che vedevo Pasolini cenare nel ristorante sotto casa, fingevo che mi fosse finito il pane e uscivo.
Ho fatto la scuola fino alla IV elementare e per il resto sono un’autodidatta, cioè mi sono auto-insegnata quello che ho voluto scoprire della vita, quello che mi incuriosiva. Questo è il privilegio di essere un’autodidatta.
Io ho vissuto in molti paesi, in Venezuela, in Africa, in Messico, in Francia, in Inghilterra… però non posso allontanarmi troppo da Roma, perché mi manca molto. Roma è la mia pelle.
Curiosità
Anna Magnani andò ad ascoltarla in Vicolo della Campanella. A fine esibizione Anna si avvicinò, due pacche sulle spalle e un telegrafico giudizio:” Se pò ffà, se pò ffà”. Gabriella Ferri si sentì promossa.
Anche tu così presente, così solo nella mia mente, tu che sempre mi amerai, tu che m’ami e t’amo anch’io, anche tu amore mio, anche tu diventerai come un vecchio ritornello che nessuno canta più
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1 commento
gabri, quando ti ascolto cantare, interpretare s ei la vita, per me,. mi stupisco che al mondo, ci siano state persone come te , non ha importanza che non ci sei piu, per me sei sempre presente! scusa!