“Un miracolo tutto italiano”
Vittorio De Sica (Vittorio Domenico Stanislao Gaetano Sorano De Sica) è stato, con Rossellini e Visconti, uno dei padri del neorealismo italiano anche se, come ebbe a dire Orson Welles, per il quale Sciuscià era il più bel film del mondo: “Se per gli italiani il neorealismo è Rossellini, per gli americani è De Sica”.
In 50 anni di carriera ha vinto quattro Oscar, una Palma d’oro a Cannes e un Orso d’Oro a Berlino. Attore, regista, cantante, incallito giocatore d’azzardo Vittorio De Sica è stato amato come regista negli Usa e nel mondo.
Nel 1946, Vittorio De Sica vince il Premio Oscar come miglior film straniero grazie al film Sciuscià. Ma fu decorato con il Premio Oscar per il miglior film straniero in altre tre occasioni. Nel 1948 con Ladri di biciclette, nel 1963 con Ieri, oggi, domani, e infine nel 1970 per Il giardino Finzi-Contini. Risultati che lo annoverano di diritto fra i migliori registi di sempre.
Nel 1960 sceglie Sofia Loren per interpretare il ruolo della protagonista ne “La Ciociara”, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia. Con questa interpretazione l’attrice vince il premio Oscar e la Palma d’oro del festival di Cannes come migliore attrice.
Vittorio De Sica si sposò due volte ed ebbe tre figli: Emilia De Sica (dal primo matrimonio con Giuditta Rissone), Manuel De Sica e Christian De Sica (dal secondo matrimonio con Maria Mercader).
Seppur divorziato, non rinunciò mai alla sua prima famiglia. Avviò così un doppio ménage, con doppi pranzi nelle feste e uno stress notevole. Si racconta che alla Vigilia e all’ultimo dell’anno mettesse l’orologio avanti di due ore in casa della Mercader per poter brindare alla mezzanotte. La prima moglie accettò di mantenere una routine di matrimonio apparente pur di non togliere alla figlia la figura paterna.
Le due famiglie furono molto importanti negli ultimi anni dell’artista, che si spense il 13 novembre del 1974 a Neuilly-sur-Seine. Non riuscì a sopravvivere a un intervento chirurgico che si rese necessario per curare un tumore ai polmoni che lo tormentava da tempo. A Napoli c’è una splendida via che porta il suo nome.
Dopo la sua morte Ettore Scola gli dedicò il suo capolavoro C’eravamo tanto amati. Trentacinque anni più tardi, Annarosa Morri e Mario Canale gli hanno dedicato il documentario Vittorio D.
La sua salma riposa nel cimitero monumentale del Verano a Roma.
Era nota la sua grande passione per il gioco, per la quale si trovò a volte a perdere somme anche ingenti, e che probabilmente spiega qualche sua partecipazione a pellicole minori. Una passione che non nascose mai e che anzi riportò, con grande autoironia, in diversi suoi personaggi cinematografici, come ad esempio in Il conte Max o L’oro di Napoli.
È poco nota la vicenda che caratterizza la partecipazione di Vittorio De Sica al film L’oro di Napoli nell’episodio I giocatori. Il grande regista – che più volte prese dalla strada gli attori e le comparse per i suoi film – offrì il ruolo del conte Prospero all’avvocato penalista Alfredo Jelardi affascinato dopo averlo visto discutere una causa in tribunale a Napoli. Quando l’avvocato venne convocato da De Sica in un grande albergo napoletano sul lungomare, si recò all’appuntamento accompagnato da tre suoi giovani nipoti e ascoltò con attenzione la proposta circa il ruolo da interpretare, pur non avendo mai recitato né al cinema e né al teatro. Dopo aver a lungo meditato, l’avvocato Jelardi decise però di rifiutare perché, disse, il ruolo del conte schiavo del gioco e ridotto in miseria, rispecchiava per troppi aspetti la sua storia personale. Il loro incontro finì con una stretta di mano e con una richiesta di De Sica, alla quale Alfredo Jelardi acconsentì con una punta di orgoglio: il regista avrebbe interpretato personalmente quella parte ispirandosi a lui. E così fu.
Era un appassionato tifoso del Napoli e un ammiratore personale del calciatore Giuseppe Meazza. Amava Ischia e non perdeva mai occasione di trascorrere le vacanze lì. Egli infatti affermava che l’unico motivo per cui non si trasferiva definitivamente nell’isola del golfo di Napoli, era perché a Ischia non vi era alcun Casinò.
Frasi celebri
• L’indignazione morale é in molti casi al 2 per cento morale, al 48 per cento indignazione, e al 50 per cento invidia.
• La Bibbia insegna ad amare i nemici come gli amici, probabilmente perchè sono gli stessi.
• Meglio rompere una promessa di matrimonio che un servizio di piatti dopo sposati.
• La letteratura ha scoperto da tempo questa dimensione moderna che puntualizza le minime cose, gli stati d’animo considerati troppo comuni. Il cinema ha nella macchina da presa il mezzo più adatto per captarla.
• Io ho guadagnato fama e quattrini lasciandomi guidare dalla pigrizia. Il mio sorriso mi ha regalato un’anima allegra che non mi appartiene. Il mio destino è un altro: sul vertice dei quarant’anni ricomincerò la mia vita di attore.
• “Ritengo che per capire a fondo l’artista, sia indispensabile conoscere l’uomo”
HANNO DETTO DI LUI
• De Sica dice spesso che quando gli viene una buona idea, subito dopo si accorge che la stessa l’hanno avuta Chaplin o René Clair; è un vero signore! (Bruno Amatucci)
• [Su Gli uomini che mascalzoni] Ha saputo tratteggiare, con grande semplicità di mezzi, un tipo di giovanotto trasognato e scanzonato quanto basta e ora dopo questa prova felice De Sica può aspirare a essere quel buon attore che finora mancava allo schermo italiano. (Mario Gromo)
• Il cinema sonoro ha bisogno di attori che sappiano parlare e De Sica, malgrado qualcuno lo ritenga poco adatto per la Settima Arte, viene invitato ad apparire sullo schermo, naturalmente in ruoli brillanti. (Massimo Scaglione)
• Mio padre mi ha sempre insegnato a fare tutto. Quando gli ho detto che volevo fare l’attore, mi ha detto di studiare doppiaggio, perché secondo lui era la scuola migliore. Non l’Accademia di Arte Drammatica, che sforna a volte pessimi attori di teatro. “Gli attori di teatro – mi diceva – parlano il ‘birignao’. Invece bisogna parlare il dialetto, che è il vero italiano”. (Christian De Sica)
• Non sono ancora spuntati i Nazzari e i Giachetti e perciò De Sica rimarrà per anni incontrastato interprete. (Massimo Scaglione)
• Papà è spirato tra le mie braccia il 13 novembre 1974 all’ospedale di Neuilly-sur-Seine, vicino a Parigi. Io recitavo in teatro a Milano. Mia madre mi ha chiamato. Ho preso il primo aereo. Sono arrivato all’ospedale, ho visto papà. Il vestito attaccato alla stampella. Quello blu. Gessato. Elegante. Non aveva più voce. Mi disse: “Christian, molla tutto e vieni via con me, mi faccio un ultimo ciclo della cura, poi torniamo a Montecarlo. Stai vicino a mamma, Christian, e soprattutto guarda che bel culo che c’ha quell’infermiera”. (Christian De Sica)